Lentezza dei processi. La Legge Pinto garantisce un indennizzo
La legge 24 Marzo 2001 n. 89, Legge Pinto, prevede un’equa riparazione per i danni patrimoniali e non patrimoniali subiti a causa della lentezza dei processi italiani che violano quanto previsto dall’art. 6 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (CEDU).
La Convenzione, ratificata in Italia nel 1955, prevede che ogni persona ha diritto ad un equo processo entro un termine ragionevole.
La Legge Pinto stabilisce che il mancato rispetto del termine ragionevole del processo, che secondo la giurisprudenza della Corte europea è di circa quattro anni per il primo grado, due anni per il secondo grado ed un anno per il ricorso in Cassazione, determina il diritto ad un’equa riparazione.
Nell’accertare la violazione il giudice nazionale deve valutare la complessità del caso, il comportamento delle parti e del giudice giudicante e delle autorità giudiziarie intervenute.
La riparazione viene determinata dal giudice e rileva solamente il danno riferibile al periodo eccedente il termine ragionevole del processo e il danno non patrimoniale liquidabile con una somma di denaro.
Per deteminare il quantum del risarcimento la Legge Pinto fa espresso rinvio alla CEDU, quindi, al rispetto della convenzione e dell’interpretazione giurisprudenziale della Corte di Strasburgo la cui inosservanza configura una violazione di legge. In buona sostanza il giudice deve determinare l’ammontare del risarcimento conformandosi alle liquidazioni effettuate in casi similari dalla Corte europea che, in recenti decisioni adottate a carico dell’Italia, ha individuato come base di calcolo un importo compreso fra mille euro e millecinquecento euro per ogni anno eccedente il termine ragionevole del processo.
La domanda che introduce il giudizio deve essere presentata entro sei mesi dalla decisione definitiva alla Corte di Appello competente e ha la forma del ricorso nei confronti del Ministro della Giustizia.
La Legge Pinto prevede che la Corte di Appello competente deve pronunciarsi entro quattro mesi dal deposito del ricorso con decreto immediatamente esecutivo, impugnabile con ricorso per Cassazione.
Gli indennizzi, inoltre, devono essere versati entro sei mesi, come affermato dalla Corte europea, così da evitare che sia troppo lunga anche la fase di esecuzione del provvedimento di riparazione, vanificando la procedura risarcitoria che mirava a rimediare alle conseguenze dannose prodotte dalla lentezza del processo che si era celebrato.
La Legge Pinto era stata emanata per evitare che i cittadini italiani avessero dovuto adire la Corte europea dei diritti dell’uomo per ottenere il giusto ristoro per la violazione di un diritto costituzionalmente garantito; tuttavia, oggi si stanno registrando condanne della Corte di Strasburgo nei confronti dello Stato italiano a causa di indennizzi riconosciuti dal giudice italiano che, invece, risultano troppo esigui e che, quindi, devono essere integrati, nonché i continui ritardi nei pagamenti che, sempre secondo la Corte di Strasburgo, devono essere risarciti con un surplus di indennizzo.
L’Avvocato Cristina Bolognini e l’Avv. Elena Martini sono disponibili a presentare ricorsi Legge Pinto e a domiciliazioni per la Corte di Appello di Ancona competente per i ricorsi relativi ai processi celebrati nel distretto della Corte di Appello di Bologna.