“Tu sei un gay!”, dire così a qualcuno può integrare il reato di ingiuria
Il reato di ingiuria previsto all’art. 594 del Codice Penale punisce chiunque offende l’onore di una persona presente o attraverso scritti, comunicazioni telefoniche o disegni diretti alla persona offesa.
L’onore designa la somma dei valori morali, quali la probità, la lealtà, la rettitudine; il decoro attiene alla dignità fisica, sociale ed intellettuale della persona.
Al fine di accertare se sia stato leso il bene protetto dalla norma è necessario valutare la frase ingiuriosa in relazione alla personalità dell’offeso e dell’offensore e, soprattutto, al contesto nel quale la frase ingiuriosa sia stata pronunciata.
Una frase apparentemente “innocua”, avuto riguardo al contesto spazio temporale nel quale è stata pronunciata e allo standard di sensibilità sociale del tempo, può integrare il reato di ingiuria.
La Cassazione, infatti, il 15 Marzo 2010 ha confermato una sentenza del Tribunale di Ancona che aveva condannato un cittadino anconetano per aver scritto ad un collega un’accesa lettera, vista la rivalità tra i due per ottenere il posto di comandante della polizia municipale di Ancona, dove espressamente viene fatto riferimento alle tendenze sessuali del rivale che viene denunciato come gay per aver trascorso una vacanza con un marinaio e per essere stato allontanato da un club sportivo frequentato da ragazzini.
Il termine gay, così come utilizzato nella lettera, infatti, ” esprime riprovazione ‘per le tendenze omosessuali del contraddittore e un inequivoco intrinseco intento denigratorio” (Cass. Penale n. 10248).
Tale decisione non significa che la parola “gay” dovrà essere cancellata dal nostro vocabolario, ma quando viene usata mettendo in risalto un sottointeso pregiudizio nei confronti di una persona con un determinato orientamento sessuale, la parola diventa un’arma da considerarsi offensiva.